03 February - Source: LA STAMPA TUTTOGREEN
Un progetto europeo da 10 milioni di euro che a convertire gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane in “fabbriche” di nuova materia prima subito riutilizzabile
De DAVIDE MICHIELIN
Migliorare l’efficienza energetica degli impianti di depurazione esistenti recuperando al contempo cellulosa, fosforo, biopolimeri e altri materiali di valore ai quali donare una seconda vita. Il tutto abbattendo le emissioni di gas serra come anidride carbonica, ossidi di azoto e metano. Non si tratta di fantascienza, ma di SMART-Plant, un progetto europeo da 10 milioni di euro che punta a convertire gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane in motori di economia circolare.
“Da oltre un secolo i depuratori convenzionali a fanghi attivi consumano energia per ossidare quella materia organica dalla quale potremmo ricavare energia e nuovi materiali” spiega Francesco Fatone, professore all’Università politecnica delle Marche e coordinatore del progetto. “Dai reflui possiamo inoltre recuperare nutrienti inorganici come azoto e fosforo, considerati critici per la salute del suolo. E recuperare acqua da destinare all’agricoltura”. Si tratta di un pacchetto di tecnologie già disponibili, la cui efficacia è stata dimostrata in laboratorio o su impianti pilota. E che ora sono in fase di rodaggio in sei depuratori reali di altrettanti Paesi, con l’obiettivo di validare le performance in condizioni impiantistiche e climatiche differenti: Grecia, Israele, Italia, Paesi Bassi, Regno Unito e Spagna.
Due impianti dimostrativi si trovano nel comune di Carbonera in un depuratore dell’azienda Alto Trevigiano Servizi. Realizzati nel 2017 e già avviati in piena potenzialità, sono in fase di ottimizzazione e saranno ufficialmente inaugurati l’8 febbraio presso l’auditorium della Provincia di Treviso alla presenza di funzionari della Commissione Europea e del Ministero dell’Ambiente. “Tra i cinque, quello di Carbonera è forse il sito più rilevante. Le tecnologie SMART-plant integrano la linea del trattamento fanghi esistente recuperando circa 700 grammi al giorno di poliidrossialcanoati, in una linea dimostrativa, e recuperano biologicamente il fosforo, nella linea in piena scala” spiega l’ingegnere. Gli stessi compiti sono svolti sulla linea acque dal gemello spagnolo a Manresa. Dalla carta igienica usata, l’impianto olandese di Geestmerambacht recupera ogni giorno 400 chili di cellulosa. Mentre in Israele e nel Regno Unito si estraggono rispettivamente metano, fosforo e azoto, oltre a produrre acqua per il riutilizzo agricolo.
L’approccio di SMART-Plant non è solamente tecnologico ma prevede la validazione di un modello di business circolare fondato su sinergie intersettoriali. Non a caso, il progetto coinvolge sette istituti di ricerca ma anche una ventina tra gestori del servizio idrico, produttori di tecnologie e servizi di ingegneria, produttori di materiali da costruzione, aziende chimiche e consulenti economico-finanziari. “Perché SMART-Plant abbia successo dobbiamo dimostrare la redditività delle sue innovazioni, altrimenti le aziende non investono” ragiona Fatone, che punta alla creazione di un portafoglio di soluzioni declinabili a seconda delle diverse casistiche europee”. La principale indiziata è l’industria chimica, potenzialmente interessata alla produzione di biopolimeri e fertilizzanti. “Un’azienda britannica che produce materiali biocompositi è già parte del consorzio ma anche in Italia inizia a muoversi qualcosa” rivela l’ingegnere.
Un altro aspetto sul quale il team è al lavoro è la definizione dell’accettabilità sociale e degli standard di qualità delle materie recuperabili. Motivo per il quale SMART-Plant è stato inserito all’interno del primo Innovation Deals della Commissione Europea. “Qui sono vagliate misure concrete per superare le barriere che frenano l’economia circolare. Per esempio, sareste disposti a leggere un quotidiano stampato sulla carta igienica riciclata?” sorride Fatone.
Source: LA STAMPA TUTTOGREEN